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Calliope è tornata. Era dai tempi del liceo che non si vedeva in giro.
Quella Calliope a cui i poeti chiedono il dono dell’ispirazione.
“A volte mi mandi segnali / che vedo e non vedo” e io provo “a incastrarti nella cornice di un verso”, faccio tentativi, mi sforzo, ma alla fine il dono dell’ispirazione è effimero, svanisce come un sogno.
Ogni scrittore istintivamente sa quanto sia difficile attivare il potere di seduzione della parola. Nel romanzo il potere magico di attrarre viene corroborato dalla complicità dei personaggi, dall’infittirsi della trama, dagli infiniti risvolti; ma un libro di poesia è un’offerta di sé e ha bisogno di tecniche più raffinate per prendere la mano del lettore e condurlo lungo l’itinerario dei versi.
Ha bisogno prima di tutto di un linguaggio luminoso nel senso concreto, pratico del termine, un linguaggio che sprizzi luce, che illumini il cammino, e che alla fine consegni al lettore questa semplice dichiarazione: io parlo di te, ti ricordo quello che già sai ma che avevi dimenticato.
Dalla presentazione di Paolo Polvani
Immagine di copertina © Paolo Zanardi
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