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(dalla prefazione dell'autrice)
Scrivere è per me una necessità che nasce dal mio rapporto con la vita e più nello specifico dal mio desiderio di lasciare una testimonianza, in primo luogo per me stessa, dei giorni vissuti. Infatti per me la scrittura è memoria, è un tornare “a casa” perché i miei scritti sono una parte di me e io sono una parte di essi. Il mio desiderio di scrivere nasce dalla volontà di ridare luce e spessore al mio passato, così ricco di ricordi, di eventi, di persone, di luoghi e di atmosfere, di sentimenti ed emozioni provati. Credo inoltre che scrivere sia dare qualcosa di sé a chi legge. Scrivere significa anche guardarsi dentro per capirsi, per calmarsi, per ritrovare la voglia di essere felice anche quando questo sembra difficile. È dimenticarsi della parte peggiore di se stessi, è ritrovare la propria energia, è riconciliarsi con il mondo intero, è relativizzare il dolore, è contestualizzare la propria esistenza. Scrivere non è solo lasciare un messaggio sulla carta, è regalare una propria emozione all’eternità (non è necessario che qualcuno ci legga perché ogni parola rimane tracciata sulla mappa dell’Universo in cui tutto si genera, tutto ritorna, nulla va mai disperso). Eccomi pertanto qui a presentare il mio ultimo libro intitolato ‘Introspezione, storie di consapevolezza’. Si tratta di un’antologia di racconti brevi, alcuni brevissimi, che ho scritto in vari anni, alternandoli alla composizione di poesie. Vi si trovano delle costanti che si dipanano in tutte le mie storie. Una di queste è che il vero grande e unico protagonista che si muove tra le vicende è il Tempo perché la vita è essenzialmente tempo. Infatti ogni mio personaggio si muove sul piano temporale inclinato o verso la vita già trascorsa o verso quella che si prospetta, quella che spera ed il suo presente è in bilico, sempre alla ricerca di un difficile equilibrio. La sua stessa esistenza è un difficile equilibrio in cui la consapevolezza è determinante, costituisce spesso l’unica via di fuga e di realizzazione, anche in situazioni complicate, dolorose. Le scelte compiute, quelle a cui ha rinunciato, quelle che si accinge a fare, fra dubbi e passioni, costituiscono la storia di quel protagonista, di quel personaggio. La storia non è mai conclusa, il finale dei miei racconti è quasi sempre “aperto”, così come non tutto viene esplicitato e i luoghi, il periodo storico, le origini sono solo adombrate. Non sempre vi è una concatenazione logica di causa-effetto dichiarata perché la vita è spesso imprevedibile: ci sorprende o viceversa ci annoia, ci illude e disillude. I miei personaggi sono consapevoli dell’esistenza del Fato, di quell’imponderabile accadimento che concorre a determinarli in un ‘qui’ e in un ‘ora’, nel gioco talvolta diabolico di un insieme di fattori, di circostanze, di concomitanze, di imprevisti, nei confronti dei quali essi non possono avere che un illusorio e inutile anelito di controllo.
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