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Questo studio sulla concezione sartriana della corporeità si inserisce nella più estesa considerazione del corpo, quale si è sviluppata nella cultura dell’Occidente. Possiamo osservare come la nota dominante sia qui costituita dalla contrapposizione, da un lato della coscienza come pura interiorità e dall’altro del corpo come mero meccanismo fisico-chimico. Questa visione dualistica, vanta una lunga tradizione di pensiero che ha origine con Platone, il quale introduce quella separazione tra psiche e corpo che si svilupperà, in seguito, in una concezione sempre più negativa e riduttiva della corporeità vista, di volta in volta, come aspetto della vita umana da rifiutare, da rinnegare, come avviene nella religione biblica, o da oggettivare e da anatomizzare nella scienza o come riduzione a forza-lavoro nell’economia. A tale riguardo, è interessante vedere com’era invece considerato il corpo nelle comunità primitive. Per queste società il corpo non era un’entità anatomica isolabile e identificabile come singolarità individuale, ma “per loro il corpo era il centro di quell’irradiazione simbolica per cui il mondo naturale e sociale si modellava sulle possibilità del corpo e il corpo si orientava nel mondo tramite quella rete di simboli con cui aveva distribuito lo spazio, il tempo e l’ordine del senso”(1) .
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